riflettendo

La competenza senza responsabilità non è sapere

tratto dai gruppi di Goffredo Carbonelli

Assasinio sull’Orient Express e la Giustizia

“Il successo presso il lettore italiano del genere giallo filmico o narrativo è direttamente proporzionale alla sfiducia tutta peninsulare nella Giustizia. Più si accumulano i faldoni nei Tribunali, più ritarda la sentenza, più essa si trasforma in prognosi infausta, diagnosi di tumore. La psichiatria diagnostica solo disturbi che durano tutta la vita, si assumano gli psicofarmaci per sempre, guai a sgarrare. La giustizia le va dietro, l’asseconda,  se la prende comoda, trasformare in espiazione l’attesa del giudizio. Non c’è la sentenza terrena, almeno c’è la certezza della pena: il carcere dottorato di ricerca in criminologia, Manicomio e T.S.O. autoinflitto.
Il male non è banale.
Il rapitore dimostra che la coscienza è fuggita dal mondo, quindi è lecito pensare che la giustizia sia fuggita con lei. Poirot delinea il quadro in cui ci si può fare giustizia da sé, si badi non vendetta. Un lussuoso treno bloccato sui Balcani è quasi il Congo Belga. Tutti colpevoli, tutti responsabili, nessun criminale.
Tuttavia l’assenza di senso di colpa del delinquente non è una labile coscienza, un benefico oblio, ma una lacuna cognitiva, una malattia morale. L’anaffettività è una malattia morale, pertanto finché esiste la malattia mentale non curata, non v’è crimine contro l’uomo che non sia pazzia. La malattia anaffettiva.
La mancanza di un setting che renda efficace la cura della pazzia, non l’affidamento alle quotidiane somministrazioni di neurosostanze della famiglia (morale/amorale?), rende inutile la correzione carceraria.
Radicalizzando, se non c’è medico della mente non c’è giudice, non solo, perfino la giusta perizia è rara senza esperienza di guarigione dello psichiatra”.

(tratto da Assasinio sull’Orient Express in Soli e al Buio di Goffredo Carbonelli)